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[Test] casco Specialized Prevail S-Works

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Il casco Prevail S-Works è il modello top di gamma della Specialized. Concepito per essere un casco “da competizione” ha come obiettivo principale la leggerezza e la ventilazione. A livello peso l’obiettivo è sicuramente raggiunto, con 190gr in taglia L, grazie ad un’intelaiatura in kevlar annegata nel polistirene espanso che compone il corpo del casco e che può così essere utilizzata in quantità minore proprio risparmiando sul peso. Il tutto conservando le omologazioni (CPSC, SNELL B90A, CE and AS/NZS) ed i relativi livelli di sicurezza in caso di impatto.

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Sempre grazie a questa matrice in Kevlar interna il casco presenta anche feritoie molto grandi, in numero di 25, che garantiscono un’ottima ventilazione. Compresa la presa trasversale sopra la fronte, chiamata Mega Mouthport, che è il marchio distintivo dei caschi Specialized.

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Questi due aspetti, leggerezza e ventilazione, possono in effetti essere ben apprezzati nelle giornate calde ed in salita, dove il casco da l’impressione di essere veramente ben ventilato, a livello dello Scott Vanish Evo, che ad opinione di chi scrive è forse il casco migliore a livello di ventilazione(e comodità/calzata) tra quelli provati .

Il Prevail S-Works non tradisce nemmeno per quanto riguarda la comodità. Questo casco è dotato infatti di un comodo e semplice sistema che consente di personalizzare l’altezza interna del sistema di ritenuta denominato Pro Fit 360, grazie a dei dentini su cui inserire due linguette di plastica scegliendo tra 5 posizioni e relative altezze different, in modo da stringere poi con la classica rotellina posteriore tutto il sistema, ma alla giusta altezza sul capo, evitando fastidiose compressioni su tempie o fronte, o altro. Questo sistema ha anche il vantaggio di non interferire con la  parte terminale delle stanghette degli occhiali come in altri modelli.

Completano l’interno degli inserti imbottiti, rimovibili e lavabili in tessuto DryLite.

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Nel complesso un ottimo casco quindi. A voler trovare un difetto si può dire che pur partendo con profilo molto “a filo” sulla fronte, poi il design globale lo porta ad essere un po’ alto nella parte posteriore, dove la forma “a spoiler” si accentua. In questo modo l’impressione è che gran parte del baricentro del casco sia un po’ “alto” e posteriore sulla testa, cosa che si può notare basculando la testa lateralmente, come ad esempio in piedi sui pedali. Chiaramente questa sensazione è soggettiva, visto che ognuno la testa la muove in modo diverso in bici…e soggettiva è anche la relativa estetica, ovvero il colpo d’occhio del casco in testa.

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Il casco è disponibile in 3 taglie e 8 colori (la colorazione del modello in test è un’edizione limitata).

Prezzo di listino di 229eu

Sito Specialized


[Video] Perché i freni a disco sul bagnato sono imbattibili

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In queste settimane stiamo testando la nuova Specialized Roubaix SL4 Pro Disc Race, dotata di un impianto di freni a disco Shimano 785. Visto il meteo inclemente, e dato che dobbiamo anche provare dei nuovi indumenti invernali di Mavic, abbiamo deciso di fare un’uscita sotto la pioggia che includesse una discesa di circa 500 metri di dislivello, per vedere come si comportano i freni a disco. Sono le classiche condizioni meteorologiche da rulli: bagnato, grigio, freddo. Nel video qui sotto potete vedere come è andata.  Guardatelo fino in fondo perché i dettagli della bici vengono mostrati alla fine, così come le conclusioni a cui siamo giunti.

[Test] Specialized Roubaix SL4 Pro Disc Race

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La Roubaix è il modello da Endurance di Specialized. Una bici più comoda di quelle da puro agonismo, grazie a geometrie e accorgimenti per assorbire le vibrazioni prima che queste arrivino al ciclista. Il modello in test è inoltre dotato di freni a disco. Inutile dire che eravamo molto curiosi di provarla, soprattutto nelle condizioni autunnali di questo periodo, come probabilmente avrete già visto in questo video che abbiamo pubblicato qualche settimana fa, dove abbiamo filmato una discesa bagnata, percorsa con la Roubaix con i freni a disco.

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Analisi statica

Il telaio è in carbonio FACT 10r, con passaggi interni dei cavi, compresi quelli dei tubi dei freni a disco, in cui scorre l’olio dell’impianto idraulico. Molto ben pensato il dettaglio di poter staccare i tubi dei freni prima che questi si nascondano nel telaio, grazie a dei “quick release” che permettono di cambiare il manubrio o gruppo senza dover smontare tutto l’impianto dei freni.

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Dicevamo poco sopra delle geometrie pensate per rendere la bici più comoda e dunque più adatta alle lunghe pedalate. Si nota subito la lunghezza del tubo sterzo, di 190mm per la taglia 56. Se il numero in sé vi dice poco, forse questo paragone rende meglio l’idea: in taglia 56 il tubo sterzo di una Tarmac è lungo 160mm. 3 centimetri pensati per una posizione più eretta, meno faticosa per schiena e braccia. Anche i foderi bassi del carro della della Roubaix sono più lunghi di quelli della Tarmac (415mm contro 405mm, taglia 56), e l’interasse è di 1010mm contro i 986 della Tarmac. A parità di attacco manubrio, lungo 100mm sulle bici montate standard, e di orizzontale virtuale (565mm) è quindi facile notare come la Roubaix sia più lunga, per dare quel tocco di stabilità in più e di nervosità in meno, cosa che incide sul suo carattere, meno da sprint e più da granfondo. O meglio, da “lungo” di una granfondo.

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Non contenta della geometria più rilassata, Specialized ha aggiunto quattro inserti in elastomero denominati Zertz, due sui foderi posteriori e due sulla forcella, che, grazie alle loro proprietà visco-elastiche, assorbono le vibrazioni provenienti dal terreno. A questo si aggiunge il reggisella Cobl Gobl-R che, grazie al suo design, consente di avere una sospensione integrata con 18mm di escursione verticale.

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Veniamo ora al componente che più farà discutere: i freni a disco Shimano 785, con dischi di diametro da 140mm e dotati di tecnologia Ice Tech. Su questo ultimo punto perdonateci il link al nostro sito mountain bike, ma lì abbiamo testato la differenza fra dischi normali e dischi Ice Tech, con relativa spiegazione. In breve: i dischi Ice Tech dissipano meglio il calore, mantenendo costanti le prestazioni dell’impianto anche durante lunghe e ripide discese. Le ruote su cui sono montati di dischi e i copertoncini Specialized Turbo pro da 25mm sono delle Roval Rapide CL 40 SCS Disc, in carbonio con 40mm di altezza cerchio. Il gruppo è un’Ultegra 11v.

Il montaggio in dettaglio.

Sul campo

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Una volta in sella, colpisce subito l’altezza del manubrio, dovuta all’altezza del tubo sterzo. La prima reazione è stata quella di togliere tutti i distanziali da sotto il manubrio, con il tempo, invece, ci si abitua piacevolmente alla posizione più comoda e la schiena ringrazia, soprattutto dopo giri superiori alle 3-4 ore.

Ancora più velocemente ci si abitua all’assorbimento delle vibrazioni. O meglio: è proprio un altro mondo rispetto alle bici corsaiole a cui è abituato chi scrive. Non solo il corpo si affatica di meno e la schiena fa meno male se si gira su strade dissestate, ma il comportamento della bicicletta è molto più stabile e prevedibile, dato che rimane fedele alle linee scelte in curva malgrado crepe e buche (a patto che queste non siano dei crateri, si intende). Sicuramente i 25mm dei copertoncini aiutano, ma non è la prima volta che li usiamo e ci sentiamo dunque di dire che la differenza maggiore proviene proprio dagli inserti Zertz e dal reggisella.

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D’altro canto la Roubaix non è una bici da sprint. Soprattutto per la sua lunghezza, risulta più pigra nei rilanci, ma non è questo lo scopo per cui è stata progettata. Parlando di curve, la sua minore nervosità rispetto ad una classica bici da corsa permette di tirarle facilmente senza correggere la traiettoria, e il grip delle gomme è molto buono, anche in condizioni di bagnato, come potete vedere nel video qui sotto.

Arriviamo dunque a parlare dei freni a disco. Chi scrive ha avuto la fortuna di poter provare due anni fa dei freni a disco Formula montati su un prototipo di una Colnago C59. Rumorosi e poco potenti, mi avevano lasciato l’amaro in bocca, soprattutto se paragonati agli impianti disponibili nel mondo mountain bike. Bene, scordatevi tutto ciò. Gli Shimano 785 sono potenti, silenziosi e ben modulabili, nel senso che è facile dosarne la potenza in ogni situazione: asciutto, bagnato, fondo sporco. Il punto di frenata è ben definito e stabile nella sua posizione rispetto alla leva, anche se l’impianto è bollente, ed il freno non è “on-off”, nel senso che non pinza a piena potenza appena si arriva al punto di frenata. Caratteristica molto importante questa, vista la limitata superficie di appoggio di una gomma da bici da strada e la sua elevata pressione. Ben scelti dunque i copertoncini da 25mm, valore sotto al quale non ce le sentiamo di consigliare una gommatura per una bici con freni a disco, proprio per riuscire a trasmettere la potenza di frenata al suolo.

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I dischi di diametro 140mm di sono rivelati sufficienti per un ciclista dal peso di 71 kg (svestito), anche su discese ripide ed impegnative come la famigerata Penudria. All’anteriore si può comunque montare anche un disco da 160mm attraverso l’apposito adattatore.

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Conclusioni

La Specialized Roubaix brilla per le scelte geometriche che, insieme agli inserti Zertz e al reggisella Cobl Gobl-R, ne fanno una bici molto comoda ma al tempo stesso molto performante: stabilità, facilità nel seguire le traiettorie e smorzamento delle vibrazioni la rendono molto appetibile per tutti i granfondisti o chi ama farsi dei lunghi giri senza spezzarsi la schiena. I freni a disco per ora scaldano gli animi, ma gli Shimano 785 sono un prodotto maturo e pronto per il grande pubblico e che renderà le discese (e non solo) un vero divertimento in ogni condizione atmosferica. Senza parlare del responso del cronometro, viste le staccate in curva che con i freni tradizionali sono una pura utopia. La bici non è un peso piuma, ma già un set di ruote a profilo basso permetterebbe di scendere di qualche etto.

Peso rilevato: 7.70 Kg senza pedali
Prezzo: 5.090 Euro

Specialized.com

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[Test] Luci Specialized Flux Expert

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Quasi un anno fa vi avevamo presentato le nuove luci di casa Specialized, le Flux. Si tratta di un set composto da una luce anteriore ed una posteriore, disponibile in due varianti: la Flux Expert, oggetto del test, con tre led e 1200 lumen, e la Flux Elite, con un solo led e 400 lumen. La luce posteriore è identica in entrambi i casi.

Il progetto Flux si può definire “interdisciplinare”, nel senso che le luci sono adatte sia per muoversi nel buio completo dei boschi o delle stradine di campagna, sia per circolare su strade aperte al traffico. Grazie alla funzione anabbagliante, infatti, si è in regola con il codice della strada ma, soprattutto, non si accecano altri fruitori della strada, come invece accade con le classiche luci in commercio. Non solo, un pratico comando remoto, incluso nella confezione, permette di scegliere il fascio di luce senza staccare le mani dal manubrio, e di farsi notare con un fascio abbagliante intermittente in caso di pericolo.

Analisi statica

Il cuore della Flux Expert anteriore è dato dalla batteria interna al litio, di 5200mAh, e dai tre led Cree XP-G”, posizionati in uno schermo riflettente con angolo di 18°, il tutto inserito in un telaio di alluminio, pensato per condurre il calore verso l’esterno e quindi far raffreddare velocemente il sistema. Sul lato destro si trova la presa mini-USB per ricaricare la batteria e attaccare il comando remoto, mentre nella parte superiore si trova l’interruttore. Il peso dell’unità, senza supporto da manubrio, è di 220 grammi rilevati da noi. Nella confezione si trova un caricatore con due prese USB, ed un cavo USB – mini USB.

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L’attacco manubrio è composto da due staffe dotate di due adattatori di gomma a seconda della dimensione del manubrio (25.4 e 31.8mm) e di due viti con cui serrarle e bloccare il supporto su cui poi inserire il faretto. Questo supporto, a sua volta, è dotato di un bottone laterale che aziona i due piccoli perni che bloccano la luce. In pratica, una volta trovata la giusta posizione, si potrà lasciare l’attacco sul manubrio e sfilare il faretto per ricaricare la batteria. La ricarica completa richiede circa 3 ore e 30 minuti.

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Quattro le modalità di funzionamento:

1) full power, con un’autonomia di circa un’ora e 45 minuti ed un output di 1200 lumen. Tutti e tre i led sono in funzione.
2) Anabbagliante, o di risparmio, con un’autonomia di 6 ore ed un output di 400 lumen. Il led centrale è spento.
3) Surge glow: la luce si affievolisce e ritorna a piena luminosità nel giro di un secondo, con un’autonomia di 3 ore e 30 minuti ed un output che varia dai 400 ai 1200 lumen.
4) Intermittenza: si accende e si spegne ad intermittenza, con un’autonomia di 20 ore ed un output di 400 lumen.

L’interruttore ha anche la funzione si segnalare lo stato della batteria: verde indica una carica che va dal 50 al 100%, arancione dal 20 al 50% e rossa sotto il 20%.

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A questo si aggiunge la funzione di segnalazione tramite un flash ravvicinato abbagliante, attuabile però solo il comando remoto, premendo l’apposito tasto. Lo stesso tasto permette di passare da una qualsiasi delle funzioni a quella full power. Il comando remoto si fissa grazie ad una fascetta elastica, sia dalla parte destra che sinistra del manubrio, semplicemente spostando l’attacco da una parte all’altra della pulsantiera dopo aver allenato una vite esagonale presente sul retro. Tenendo premuto il tasto verde, la luce si spegne del tutto. Non è possibile riaccenderla usando il comando remoto, bisogna premere l’interruttore principale.

L’operazione di montaggio è molto semplice, così come quella per trovare la giusta angolazione del perno dello sgancio rapido, per far si che lo schermo del faretto sia esattamente a 90° rispetto al terreno. Solo in questa posizione si è sicuri che il fascio di luce abbia veramente la funzione abbagliante/anabbagliante, ma sopratutto che, nel buio totale, non sia rivolto troppo verso il terreno.

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La Flux Expert posteriore è dotata di un led Cree XB-D con batteria al litio di 700mAh ed un output di 110 lumen. Il corpo è in alluminio, con un interruttore in gomma e, sul fondo, una chiave USB a scomparsa con cui inserire l’unità nel computer per ricaricarla. Operazione, questa, che richiede circa 1 ora e 20 minuti.

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Nella confezione si trovano tre adattatori per l’attacco della Flux al reggisella: da 30.9mm, 27.2mm e per la forma a goccia della Venge. Rimane sempre identica la parte su cui agganciare la luce, che vedete nella foto qui sopra. Grazie a due viti esagonali, si stringe al reggisella. Il faretto viene poi infilato nell’apposita scanalatura.

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La cosa interessante della Flux posteriore è la sua luminosità, superiore a quella di una luce di posizione di un’auto, ed il relativo sensore che ne riduce la luminosità fino al 50% quando fa buio, per evitare di abbagliare. Quattro le modalità di funzionamento:

1) fissa, con un’autonomia di un’ora e 20 minuti ed un output di 25 lumen.
2) Surge glow: la luce si affievolisce e ritorna a piena luminosità nel giro di un secondo, con un’autonomia di 3 ore ed un output che varia dai 5 ai 55 lumen.
3) Intermittenza diurna: si accende e si spegne ad intermittenza, con un’autonomia di 3 ore e 15 ed un output di 110 lumen.
4) Intermittenza notturna: si accende e si spegne ad intermittenza, con un’autonomia di circa 7 ore ed un output di 55 lumen. Questa modalità si attiva in automatico grazie al sensore citato sopra.

L’interruttore ha anche la funzione si segnalare lo stato della batteria: verde indica una carica che va dal 50 al 100%, arancione dal 20 al 50% e rossa sotto il 20%.

Sul campo

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Abbiamo provato le bici sia su mountain bike che su bici da strada, dalle condizioni di buio completo del bosco a quelle della città con traffico, dal freddo asciutto al diluvio universale (potete leggere quella storia qui), compreso qualche giro con passaggi in gallerie poco illuminate. Innanzitutto la funzione anabbagliante si é rivelata fin dalle prime pedalate una bella idea. Di sera, gli automobilisti passavano senza chiedersi chissà quale creatura si muovesse sul ciglio della strada o, peggio ancora, abbagliando per capire bene cosa venisse loro incontro. Una bella trovata, considerando che anche in mountain bike è normale avere dei chilometri di trasferimento prima di inoltrarsi nel bosco.

Quando il buio diventava totale, il fascio di luce anteriore si è rivelato ben distribuito, sopratutto sui lati, illuminando però molto bene anche in lontananza. Nelle curve strette, pur in mancanza di una luce sul casco, si vede bene dove si sta andando. Molto comodo e pratico il comando remoto, che permette di settare le luci a proprio piacimento senza staccare le mani dal manubrio. Girando in una situazione di crepuscolo, è molto pratico passare dal funzionamento al risparmio (2 led accesi) a quello di full power semplicemente premendo il tasto abbagliante a lungo. Altrimenti ci si troverebbe costretti a passare per le altre due posizioni prima  (surge glow e flash), con una sola mano sul manubrio.

Il fascio di luce è ben definito anche sui lati

Il fascio di luce è ben definito anche sui lati

La funzione “segnale abbagliante” (una sequenza intermittente molto rapida, della durata di circa 1 secondo)  è ben pensata per quando si gira su strada, sia in città per segnalare la propria presenza agli incroci quando un’auto sta per uscire da uno stop senza dare la precedenza, sia per tentare di far abbassare gli abbaglianti agli automobilisti che se ne sono “dimenticati”. La reazione è piuttosto immediata e brutale: la gente frena, più che altro confusa su cosa gli stia venendo incontro. Non male, se considerate che il ciclista rimane la parte più debole ed esposta durante questi incontri notturni.

Full power

Full power

L’autonomia in modalità full power è di circa 1 ora e 45 minuti. In condizioni di freddo, come durante questa stagione, tende a scendere verso l’ora e trenta. Se si gira con buio completo, come in un bosco o su strade non illuminate, la durata può essere limitante, sopratutto perché non è possibile sostituire la batteria con una di ricambio da portare appresso. Considerando però che questa è una luce pensata sopratutto per chi gira su strada e che chi fa le notturne in mountain bike è solito utilizzare anche un faretto montato sul casco, il problema si ridimensiona. Infatti, quando l’abbiamo usata in MTB, abbiamo tenuto la Flux in modalità risparmio durante la salita o nei tratti lenti (anche senza luce sul casco), per poi usarla a full power in discesa. Su strada, la modalità risparmio è di norma sufficiente per pedalare senza problemi.

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Anabbagliante/risparmio

Della Flux posteriore ce ne si può dimenticare, una volta accesa nella modalità intermittente. Supponendo di partire al tramonto, il sensore doserà la quantità di luce, scendendo pian piano ai 55 lumen di output ed assicurando una durata di circa sette ore. Il fascio di luce è ben diretto verso il classico automobilista che ci vuole superare, e durante tutte le uscite non abbiamo avuto un problema che fosse uno di gente che ci è passata troppo vicina (cosa che invece capita di giorno, senza luci), gallerie comprese. Se proprio dobbiamo trovarci un difetto, è la mancanza di un adattatore per reggisella a goccia per marchi che non siano Specialized, e di uno per reggisella dal diametro di 31.6mm.

Dicevamo ad inizio articolo che le Flux sono luci “interdisciplinari”, con un occhio di riguardo però verso chi gira su strada, anche per andare semplicemente al lavoro. Come si può vedere dal video qui sopra, le modalità di funzionamento Surge Glow e ad intermittenza rendono il ciclista più visibile anche durante il giorno. Considerando che sempre più spesso gli automobilisti girano con le luci accese anche di giorno (in Svizzera, per esempio, è obbligatorio per le auto), avere una luce significa adattarsi alle condizioni del traffico e rendersi visibili, abbassando il rischio di incidente.

Difetti durante il test

L’interruttore in gomma della Flux anteriore (quello con la S) si è staccato ed è andato perso. Specialized è a conoscenza del problema, presente nella prima produzione in serie. È stato risolto usando una colla speciale. I centri di assistenza sono già informati e hanno ricevuto istruzioni su come smontare l’unità, applicare la colla ed attaccare un nuovo interruttore, nel caso qualche cliente della prima linea di produzione riscontrasse lo stesso nostro difetto.

Conclusioni

Le Flux sono luci molto ben pensate, con un fascio di luce profondo e allo stesso tempo ben distribuito sui lati. Molto pratico il comando remoto e la funzione anabbagliante/abbagliante. Per chi gira su strada o fa dei trasferimenti prima di arrivare ai sentieri è l’ideale per essere in regola con il codice della strada e non abbagliare chi viene incontro. Se andate al lavoro in bici non ne potrete più fare a meno, con il vantaggio che sarà la stessa luce che userete poi per divertirvi sulla vostra mountain bike o bici da strada.

Prezzi

Flux Expert anteriore: 245,00 euro
Flux Elite anteriore:155,00 euro
Flux Expert posteriore: 93,00 euro

Specialized.com

Per la discussione sulle Flux usate in ambito Mountain Bike cliccare qui.

[Video] La Specialized Tarmac del team Tinkoff Saxo

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Il meccanico della squadra presenta in dettaglio la Specialized Tarmac usata dalla Tinkoxx Saxo, con alcuni interessanti dettagli:

Visita a Specialized, Morgan Hill

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La scorsa settimana abbiamo potuto visitare la sede di Specialized, a Morgan Hill, in California. Sean Estes, marketing manager della casa californiana, ci ha fatto fotografare quello che possiamo farvi vedere in questo articolo. Per tutto il resto dovrete pazientare un po’, ma non troppo.

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Benvenuti da Specialized.

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Vicino all’entrata ci sono due stanze molto particolari: quella dedicata a Sam Hill…

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E quella dedicata ad una leggenda italiana: Mario Cipollini.

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Sempre all’entrata si trova un vero e proprio museo: qui è stato ricreato il primo ufficio/negozio di Mike Sinyard.

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La sua scrivania.

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Alcuni dei componenti che Sinyard importava dall’Europa all’inizio della sua attività.

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La bici su cui ha viaggiato in Europa.

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Velox , Columbus e Campagnolo.

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La pompa Specialized Silca, le catene e i pignoni Regina.

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Ordini di acquisto, piani e richieste personali di amici.

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L’Air Force One. 1988 – il primo casco di Specialized.

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Maglie vintage.

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I disegni della prima borraccia Specialized.

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Lo stampo per la prima borraccia.

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Una mentina fresca per chi indovina cosa sono questi.

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Marketing all’alba della mountain bike.

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La prima Stumpjumper.

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1985 Stumpjumper Team Bike.

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Ned Overend’s 1992 M2 Team Edition Bike.

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Ned Overend’s 1993 S-Works Epic.

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La S-Works Epic del campione del mondo Christoph Sauser, 2008.

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Specialized Future Shock. Mag, Ti, Carbon. Game changer a quei tempi.

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La forgiatura del tubo sella della SJ 2007.

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1991/1992 – Prototipo dell’Horst Link.

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La FSR DH di Shaun Palmers nel 1996 .

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Altra componentistica vintage di Specialized. Ci hanno sottolineato più volte come l’azienda non sia solo un marchio di bici, ma anche di componentistica, allora come adesso.

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Queste scarpe farebbero la gioia di tanti rider di Fixie oggi.

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20.000 Us$ e una delle 150 Specialized McLaren può essere vostra. Casco e scarpe fanno parte del pacchetto, se potete permettervelo.

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Spogliatoio alla Specialized Bike Components University. Dettagli più sotto.

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La SBCU prevede un programma per i negozianti che vendono Specialized, con cui vengono aggiornati sui nuovi prodotti della gamma. Ci avviciniamo all’ora di pranzo: tempo per una “lunchride”.

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La pump track di Specialized.

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Pausa pranzo.

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La maggior parte dei lavoratori di Specialized esce in gruppo per una pedalata su strada. Non fatevi ingannare dalla apparenze, i ragazzi di Specialized sono conosciuti per come picchiano giù duro sui pedali (MTB come BDC).

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Forse non tutti….

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Se non ti va di andare in bici, puoi sempre scegliere lo skateboard.

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Ora saliamo al primo piano. Non abbiamo usato il tubo dei pompieri.

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Marketing, questo mostro che fa paura.

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Concept bikes, la maggior parte prodotte dall’immaginazione di Robert Egger.

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Le concept bikes servono come ispirazione. Alcuni dei concetti prendono poi forma nelle bici presenti nei negozi.

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La stanza delle moto. Due ruote sono sempre due ruote!

Per ora è tutto!

[Test] Nuova sella Specialized Power

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Non passate al prossimo articolo. Cliccate qui, ne vale la pena. Lo so, i test sulle selle sembrano sempre tutti uguali, con la conclusione che “ognuno ha la propria fisionomia”. Cosa vera, ma ora immaginatevi una sella dalla forma particolare, che non avete mai visto prima. Immaginatevela 3 cm più corta e leggermente più larga del solito, ed avrete la nuovissima Specialized Power.

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L’idea è nata per diminuire la pressione sulle parti basse quando si sta in posizione aerodinamica, e la forma non può non ricordare quella delle selle da triathlon. Dopo diversi giorni di prova, sia su una bici da strada che su una mountain bike (in quest’ultimo frangente sono state scattate le foto che vedete nell’articolo), siamo giunti alla conclusione che la Power è una sella che si adatta bene a tanti diversi stili di guida.

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Il montaggio deve avvenire nella stessa posizione di una sella classica, secondo le proprie quote biometriche, per evitare di spostare il baricentro in avanti, sfalsando la posizione del ginocchio.

Se in ambito MTB la sella corta può suscitare dei dubbi soprattutto quando si affrontano delle rampe ripide che richiedono di spostare il baricentro in avanti per tenere a terra la ruota anteriore (leggere qui il test a riguardo), sulla bici da strada questo problema non si pone. Piuttosto viene da chiedersi a cosa mai servissero i 3 cm in più, una volta che si è provata la Power.

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Infatti, appurata la perfetta seduta sulla bici e la libertà di movimento in fase di pedalata, il resto si limita, se così si può dire, ad una delle selle più comode che abbia mai provato. Non è la prima volta che pedalo su una sella Specialized con Body Geometry, visto che uso tutt’ora la Toupe che ho montato esattamente un anno fa, ma la Power è su un altro pianeta, pur essendo la larghezza in prova la stessa, e cioè 143mm. La mancanza di un “naso” accentuato” elimina i problemi di pressione anteriori, che sono spesso quelli che costringono diversi ciclisti a montare selle dalla punta ribassata, e che non sono sempre riconducibili ad una posizione aerodinamica. A seconda del più o meno accentuato dislivello fra sella e manubrio, infatti, la classica sella preme su una zona particolarmente sensibile del corpo e, constatato che si può fare a meno di 3 cm di sella, viene da chiedersi perché nessuno ci abbia pensato prima.

Non voglio addentrarmi in considerazioni sulla rigidità delle ali o dello scafo nel suo complesso, perché la sella in test è una pre produzione. Infatti non troverete quel colore verde in vendita, bensì le colorazioni che vedete qui sotto, abbinate a scafi e carrelli in diversi materiali e pesi, per arrivare al top di gamma S-Works.

La Power è disponibile in tre misure: 143mm (in test), 155mm e 168mm, con due diverse imbottiture: una minimalista (in test) ed una più spessa.

Prezzi e taglie

S-WORKS Power Carbon Team (143mm, 155mm) – 249€
S-WORKS Power Carbon Black (143mm, 155mm) – 249€
Power Pro Black (143mm, 155mm) – 185€
Power Expert White (143mm, 155mm) – 119€
Power Expert Black (143mm, 155mm) – 119€
Power Comp Black (143mm, 155mm, 168mm) – 79€

Specialized.com

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Specialized Peter Sagan Replica

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Presentazione nella sede di Specialized Italia della Venge con colorazione personalizzata “camouflage” per Peter Sagan, che si conferma come uno dei corridori più mediatici del gruppo.

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Il telaio in questa livrea personalizzata sarà commercializzato esclusivamente attraverso i Concept Store Specialized al prezzo di 3.350eu (solo telaio).

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La Specialized Venge di Peter Sagan

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Livrea camo per lo slovacco Peter Sagan del team Tinkoff Saxo. Sagan, in un’intervista a Velonews, ha dichiarato che non ha un buon feeling con i freni della nuova Venge ViAS, pertanto utilizza la vecchia Venge nelle tappe di montagna e con la pioggia.

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Listino e gamma Specialized 2016

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Dato che Specialized non partecipa ad Eurobike, dove di solito presentiamo le gamme complete, eccovi prezzi e colori della gamma 2016.

AERO

S-Works Shiv Module TT – EURO 5.490

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COMPETITIVE ROAD

S-Works Venge ViAS Di2 – EURO 11.490 S-Works

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Venge ViAS Module – EURO 4.690

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Venge Expert – EURO 3.790

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Venge Elite – EURO 2.890

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S-Works Tarmac Disc Di2 – EURO 10.190

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S-Works Tarmac DA – EURO 8.490

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S-Works Tarmac Disc Telaio – EURO 3.490

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S-Works Tarmac Telaio – EURO 3.490

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Tarmac Pro Race – EURO 5.690

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Tarmac Pro Telaio – EURO 2.390

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Tarmac Expert Disc Race – EURO 4.990

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Tarmac Expert – EURO 3.950

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Tarmac Comp – EURO 2.790

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Tarmac Sport – EURO 2.090

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Allez E5 Sport – EURO 1.060

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Allez – EURO 890

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ENDURANCE

S-Works Roubaix Disc Di2 – EURO 9.590

 

S-Works Roubaix Disc Telaio – EURO 3.390

Roubaix Comp Disc – EURO 3.290

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Roubaix Comp – EURO 2.790

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Roubaix Elite Disc – EURO 2.690

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Roubaix Sport – EURO 2.090

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TRACK

Langster Pro – EURO 1.690

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Langster Pro Telaio – EURO 650

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TRIATHLON

S-Works Shiv Module X2 – EURO 5.600

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Shiv Elite Carbon – EURO 3.190

ADVENTURE

Diverge Expert X1 – EURO 3.690

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Diverge Comp – EURO 3.190

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Diverge Elite DSW – EURO 1.550

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Diverge Sport A1 – EURO 1.100

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AWOL Elite – EURO 1.390

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CYCLOCROSS

CruX Elite X1 – EURO 2.990

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CruX Sport E5 – EURO 1.890

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CruX Pro Disc Carbon Telaio – EURO 1.890

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[Test] Ruote Roval CLX 64

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Roval è un marchio francese storico, famoso per avere introdotto già negli anni ’80 ruote preassemblate, in un periodo in cui il mercato era ancora dominato dai gruppi venduti coi mozzi, successivamente assemblati su cerchi con raggiature a scelta. Roval fu anche tra i primi a proporre ruote con pochi raggi (pochi rispetto gli standard a 32 e 36 raggi di una volta), anche se il fatto che avessero nippli interni ne ha limitato il successo.

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Ora il marchio Roval è proprietà di Specialized, con cui ha lanciato una propria linea di ruote, di cui fanno parte le CLX 64 oggetto di questo test.

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Le CLX 64 sono ruote in carbonio per copertoncino a profilo molto alto (64mm) progettate con la massima attenzione all’aerodinamica. Presentano quindi alcune delle caratteristiche tipiche delle ruote di questa tipologia attuale, come la larghezza del cerchio di ben 30mm esterna e 20,7mm interna.

La sezione del cerchio è stata studiata in galleria del vento per massimizzare il cx aerodinamico ed ha una forma che si accorda al meglio con i copertoncini Specialized Turbo Pro da 24mm, forniti. In modo da massimizzare sia l’aerodinamica, visto che la zona di accoppiamento tra copertoncino e cerchio è critica per la separazione dei flussi dell’aria, sia per una questione di scorrevolezza, visto che i Turbo sono la punta di diamante della linea Specialized (ed i cui risultati anche da studi indipendenti lo confermano).

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La parte “meccanica” è invece di derivazione DtSwiss, a cominciare dai raggi 16/21 DT Swiss Aerolite T-head, i nipples Pro Lock esagonali, ed ovviamente i mozzi, Roval AF1 con cuscinetti ceramici, che pero’ celano all’interno i meccanismi dei collaudatissimi DT Swiss 240. Le ruote sono tubeless ready.

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Le ruote sono sicuramente massicce alla vista, con il loro profilo da 64mm ed i cerchi larghissimi, che infatti è meglio provare sulla propria bici, visto che di spazio tra gli stessi ed i foderi bassi del carro, ne resta molto poco.

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Il peso pero’ è sorprendente per ruote di questo profilo:

Specialized dichiara 850gr per il posteriore e 695gr per l’anteriore.  1545gr per la coppia nuda. Una volta montati i copertoncini Turbo Pro (235gr circa) e gli sganci rapidi (75/105rg) il peso complessivo registrato è di 1,1kg per l’anteriore e 1,25 kg per il posteriore (con camere d’aria Continental con valvola da 80mm).

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Le bici ideali su cui montare queste ruote sono sicuramente bici da crono-triathlon o quantomeno bici aero, visto il notevole impatto estetico che portano, e che a parere di chi scrive non si sposa proprio al meglio con bici dal look classico con tubi tondi.

Abbiamo provato queste ruote per 1000km circa, su ogni tipo di terreno, compresa anche non poca salita. Le ruote si comportano bene in ogni situazione, ovviamente al meglio sul piano, dove danno una sensazione di eccellente scorrevolezza oltre che dare il meglio di se più la velocità sale. Il peso molto contenuto è anche un grande vantaggio nei rilanci e nelle accelerazioni, cosa non da trascurare per chi, ad esempio, fa gare in circuito, situazione in cui le CLX64 presumibilmente sono a casa loro. Allo stesso tempo, la notevole superficie esposta al vento della ruota anteriore combinata col basso peso la rende piuttosto nervosa, e necessita di essere corretta abbastanza in continuazione anche in piano, ancor di più in discesa in situazioni ventose. Attenzione particolare in situazioni come l’uscita repentina dalla scia di grossi veicoli.

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In salita le ruote non sono per nulla penalizzanti, né per via del peso, né in discesa per via della costruzione carbon-clincher, notoriamente molto delicata. Le abbiamo provate appositamente su discese tecniche e molto ripide e non abbiamo riscontrato alcun problema. Ad esempio, alla fine di questa discesa i cerchi erano incandescenti al tatto, ma le ruote, e soprattutto le piste frananti non hanno fatto una piega, (in senso letterale per fortuna). Anche con il bagnato nessun problema. Una discesa sotto la pioggia ha evidenziato una frenata ottima e non a scatti. Possono essere penalizzanti a livello di guida in caso di vento. In questa situazione l’anteriore diventa molto nervoso, ed in caso di vento laterale su discese dritte e veloci qualche “spavento” ce lo siamo presi.

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Da notare che le Roval Clx64 non sono fornite di pattini specifici, ma si possono usare con qualunque pattino per carbonio senza inficiarne la garanzia. Noi le abbiamo utilizzate con i pattini Enve che ci avanzavano da un precedente test e l’accoppiata si è rivelata ottima.

Resta il dubbio sul campo di utilizzo di queste ruote. Chiaramente non sono ruote da salita, ma piuttosto specifiche per gare in circuito o casomai per triathlon. Restano pero’ delle ruote abbastanza polivalenti sia grazie al fatto che sono per copertoncino (anche se questa scelta è in funzione scorrevolezza) sia per il basso peso. Per chi fa prevalentemente gare in circuito sono quindi un’ottima scelta nel caso si voglia un unico paio di ruote.

Chiudiamo con una menzione per i copertoncini Turbo Pro, davvero ottimi, in particolare per il grip e l’ottima comodità. Unico neo l’usura piuttosto rapida, presumibilmente dovuta alla mescola molto morbida. Usura che ci è sembrato aumentare rapidamente col bagnato.

Prezzi:

Roval CLX 64 anteriore [copertoncino] 1.150,00eu

Roval CLX 64 posteriore [copertoncino] 1.600,00eu

Roval CLX 64 anteriore [tubolare] 1.100,00eu

Roval CLX 64 posteriore [tubolare] 1.500,00eu

[First Ride] Nuova Specialized Roubaix

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Era nell’aria da tempo, ora è giunta l’ora di svelarvi la nuova Specialized Roubaix. Il titolo di questo articolo parla chiaro: abbiamo avuto modo di provarla per due giorni sulle strade delle Fiandre, anche in compagnia di Tom Boonen, quindi siamo in grado di darvi le nostre prime impressioni di guida. Non è un caso che il sottoscritto sia stato anche il tester della “vecchia” Roubaix, in modo da poter fare un paragone diretto.

2016 Roubaix Launch - Day 2 Flanders-Roubaix

La Roubaix di Tom Boonen con montaggio personalizzato. Per vedere gli allestimenti in vendita andare a fine articolo.

Analisi statica

A prima vista quello che si nota subito è la mancanza degli elastomeri sui foderi obliqui e sulla forcella, segno distintivo del modello precedente. Insieme a McLaren Specialized ha studiato un modo per portare la bici verso quello che gli americani chiamano “smoothness”, cioè “scorrevolezza”, caratteristica che entra in gioco soprattutto nelle sezioni sconnesse o, in generale, laddove le vibrazioni tendono a propagarsi dal telaio al corpo. Una sorta di filtro fra terreno e ciclista, con lo scopo di stancare di meno e di dare più guidabilità alla bici.

2016 Roubaix Launch - Day 2 Flanders-Roubaix

Smooth, su un pavé, significa essere più veloci, perché si riesce a tenere più facilmente la velocità. È lo stesso concetto tanto amato dai mountain biker, che da sempre affinano sospensioni e volumi delle gomme proprio per scorrere meglio sugli ostacoli. Gli studi di McLaren hanno però reso chiaro fin da subito che una forcella ammortizzata non poteva venire chiamata in causa, perché ha degli svantaggi come quello di affondare in frenata, di bobbare (andare su e giù quando si pedala, se l’idraulica è aperta) e di ridurre la rigidità del sistema telaio + forcella.

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Quindi hanno lavorato su una sospensione assiale, in cui lo smorzamento delle vibrazioni avviene sul telaio. Avrete notato che stiamo parlando solo dell’avantreno: spariti gli elastomeri al posteriore, come detto, perché il retro treno era troppo morbido se si pedalava in piedi, soprattutto secondo i vari pro.

2016 Roubaix Launch - Day 2 Flanders-Roubaix

Ecco allora la grande novità di questa Roubaix: una cartuccia con un’escursione di 20mm, inserita nel tubo sterzo, sotto all’attacco manubrio, del peso di 295 grammi, chiamata Future Shock. Nella cartuccia si trova una molla che si può cambiare a seconda dei gusti e del terreno. Quella montata al momento dell’acquisto è l’intermedia, ce n’è poi una più morbida del 10% e una più dura del 10%, facili da cambiare aprendo la serie sterzo. Per chiarire il suo funzionamento abbiamo girato un video:

La nuova Roubaix è identica alla Tarmac dal tubo sterzo in giù, compresa la forcella e le geometrie. Al posteriore l’assorbimento delle asperità è affidato al reggisella, il cui collarino, chiamato Drop Clamp, si trova più in basso del solito per avere più leva (flette di 20mm), mentre il tubo orizzontale non è stato abbassato a quel livello per mantenere la rigidità.

2016 Roubaix Launch - Day 2 Flanders-Roubaix

Lo spazio per le gomme è generoso, infatti è possibile montare anche delle 32, andando quindi in direzione gravel, se si vuole. Tutte le nuove Roubaix avranno i freni a disco.

Photo: Jim Fryer / BrakeThrough Media | brakethroughmedia.com

Il peso del telaio S-Works è di 900 grammi senza cartuccia, mentre la bici completa, montata con SRAM eTap Disc, si aggira sui 7.2kg.

Da notare che il telaio della Roubaix S-Works può accogliere lo SWAT box, cioè uno scatolino in cui riporre gli attrezzi, nel punto di incrocio del tubo piantone con il tubo obliquo. Specialized ha pensato anche alle donne, con la Ruby, che ha le medesime caratteristiche della Roubaix ma con geometrie e dettagli specifici.

Sul campo

Modello provato: Roubaix Expert Disc con Ultegra Di2.

Appena si sale in sella si nota subito come la Specialized Roubaix sia una bici da endurance, cioè la categoria di bici da corsa in cui i marchi stanno investendo di più, negli ultimi anni, per proporre soluzioni che “stacchino” il ciclista dalle asperità del terreno. Dunque come prima cosa viene la geometria, più rilassata di una Tarmac: la posizione è più eretta, ed il dislivello sella-manubrio non è così accentuato.

La domanda che tutti si faranno, ora, è come la cartuccia ammortizzata vada ad influire sulla guida. Per prima cosa, bisogna abituarcisi, perché si ha una piccola sospensione sotto al manubrio. Il Future Shock reagisce sia agli impulsi provenienti dalla strada sia da quelli del peso del ciclista, ma questi ultimi in maniera minore perché il suo peso è più verso il retrotreno, a parte in discesa o quando si pedala fuorisella.

Dopo questa prima fase di addattamento, i 20mm di escursione della cartuccia si notano a malapena, se la strada è liscia. Anche andando in piedi a schiacciare sui pedali il precarico della molla fa il suo lavoro e sostiene il peso del ciclista. Se il fondo diventa accidentato, i colpi che arrivano alla ruota anteriore vengono smorzati per bene. Anche qui, non stiamo parlando di una forcella ammortizzata, quindi le braccia dovranno lavorare anch’esse per attutire le asperità, ma le differenze con una bici “normale” sono enormi. Lasciando perdere il pavé, su cui la minoranza dei ciclisti girano, questo si traduce in maggior tranquillità di guida quando la strada non è delle migliori, o su un passo alpino dove l’inverno ha lasciato il segno.

2016 Roubaix Launch - Day 1 Kortrijk

Quando si pedala in fuorisella il Future Shock si muove di più rispetto a quando si è seduti, come conseguenza dello spostamento dei pesi verso l’anteriore. La cosa “si sente”, ma interferisce in maniera minima con la potenza di pedalata, visto che il carro posteriore della bici è rigido.

In soli due giorni di prova su strade per lo più pianeggianti non sono in grado di dirvi se il Future Shock condizioni le prestazioni in salita ma, a sensazione, direi di no, appunto perché in salita il peso è più incentrato sul posteriore. Uno studio di Specialized, assegnato all’università del Colorado, si occupa proprio di questa tematica. 16 ciclisti hanno fatto da cavie pedalando a 12 km/h su una salita del 7% (rullo, qui le foto), sia seduti in sella che in piedi sui pedali, con e senza Future Shock, e la loro prestazione è stata monitorata tramite misuratore di potenza e analisi VO2/VCO2. I risultati dicono che la perdita di potenza meccanica e metabolica è insignificante. Per chi fosse interessato, qui trovate lo studio.

2016 Roubaix Launch - Day 1 Kortrijk

Avere un anteriore “calmo” aiuta molto a tenere la traiettoria in velocità e, alla lunga, affatica di meno braccia, torso e schiena. Non aspettatevi però miracoli se soffrite di mal di schiena e le vostre strade sono molto accidentate: la flessione del reggisella smorza sì le vibrazioni, ma siamo lontani dalla comodità del modello precedente, mancando in toto gli elastomeri o un sistema che filtri le asperità del terreno al livello dei foderi. Specialized ha voluto rendere il retrotreno più rigido per evitare flessioni indesiderate quando si spinge forte, e ha quindi concentrato i suoi sforzi sull’avantreno. Sul massacrante pavé, come quello del Carrefour de l’Arbre, dove il ciclista davanti a me ha piantato il volo che potete vedere qui sotto (senza conseguenze), la cosa si sente: bisogna stare seduti per poter pedalare senza che la ruota dietro slitti e i colpi trasmessi dal retrotreno sono chiaramente di maggior entità rispetto a quelli che arrivano dal manubrio.

Rimanendo in tema pavé, le leve del cambio Ultegra Di2 sono definitivamente troppo piccole per poterle centrare nel mezzo dell’azione. Non per niente il top di gamma è montato con SRAM eTap (qui la nostra prova), dove c’è un comando per lato, senza possibilità di sbagliare. A tutto ciò si aggiungono le gomme da 28mm, ormai un must su bici da endurance: scorrono bene, necessitano di pressioni più basse ed hanno un bel grip anche sullo sconnesso. Diciamo che non c’è motivo, per un amatore, di non montarle, se non quello che il suo telaio non sia compatibile.

Per chi è pensata la nuova Roubaix?

A parte i pro che corrono le classiche del nord, questa è una bici che, come tutte le bici da endurance, ben si adatta all’amatore. A primo acchito il Future Shock potrà sembrare inconvenzionale ed inutile, ma se si lasciano da parte i soliti pregiudizi celoduristi, la domanda è perché bisogna per forza soffrire su una bici da corsa. Un avantreno che assorbe molto bene le vibrazioni permette migliore direzionalità, meno stanchezza e dunque più energia su giri lunghi. Unito alla potenza e affidabilità in ogni condizione dei freni a disco e a delle gomme di sezione larga, questo fa della Roubaix la bici ideale per ogni tipo di percorso impegnativo, compresi quelli alpini.

Se volete provarla, dalle ore 13:00 di oggi Specialized è presente al Summer Bike Festival anche con la nuova Roubaix.

Prezzi

La nuova piattaforma Endurance sarà composta dai nuovi modelli (in maiuscolo) e da modelli senza freni a disco, con precedente piattaforma, che rappresenteranno la fascia di accesso (in minuscolo). Cliccare sui link per arrivare ai montaggi.

S-WORKS ROUBAIX DISC ETAP – 9.890 EURO
S-WORKS ROUBAIX DISC TELAIO – 3.490 EURO
ROUBAIX EXPERT DISC UDi2 – 4.990 EURO
ROUBAIX COMP DISC – 3.190 EURO
ROUBAIX ELITE DISC – 2.490 EURO
Roubaix Sport – 1.990 euro
Roubaix – 1.790 euro

RUBY ELITE DISC – 2.490 EURO
Ruby – 1.790 euro

Foto della Roubaix e Ruby.

Specialized.com

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